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Vito Dell’Aquila: tra i sogni del bambino e la realtà dell’uomo

di Claudia Rivizzigno

26.04.2021 14:52

“Quando combatti non conta nient'altro che dare il massimo fino all'ultimo secondo, devi provarci fino a morire”, è questo il pensiero che accompagna Vito Dell'Aquila, punta della nazionale di Taekwondo, prima di ogni competizione ed è forse questo che gli è mancato all'Europeo di Sofia ma che ci racconta di aver ritrovato in vista delle Olimpiadi di Tokyo.

 

Vito ha solo 20 anni quando vede prendere forma il sogno di ogni sportivo: si è qualificato alle Olimpiadi di Tokyo 2020, combatterà per il Taekwondo italiano nella categoria -58 chilogrammi. E' passato un anno da quell'emozione, una pandemia mondiale, le Olimpiadi rinviate, lo stop forzato che costringe Vito a stare lontano dai campi di gara e un infortunio al dito dal quale si è appena ripreso, ma oggi il pugliese originario di Mesagne, è più consapevole e punta dritto ai suoi obiettivi.

 

Sei di ritorno dall'Europeo a Sofia, com'è andata? Quanto ha inciso nel risultato finale la lontananza forzata dai campi di gara?

“La gara non è andata bene, avevo tante aspettative e voglia di vincere. Puntavo la medaglia d'oro e ne avevo bisogno a livello personale, dopo più di un anno senza competizioni, in cui ho continuato ad allenarmi duramente e non mi sono mai fermato una vittoria mi avrebbe dato un po' di fiducia.  Il tempo trascorso lontano dai campi di gara ha probabilmente influito nei momenti  precedenti all'incontro, mi sentivo scarico, stanco e ho vissuto delle “giornate no”.”

 

Com'è stato l'approccio alla gara? Qual era il tuo stato d'animo per questo ritorno?

“Ero molto motivato durante questi mesi di preparazione alla gara, bramavo il ritorno sui campi e Sofia era un test importante (e l'ultimo) in vista di Tokyo. Non temevo l'atmosfera e le emozioni della competizione, anche perchè durante questi mesi di allenamenti in Nazionale abbiamo continuato a mantenere un ritmo alto e organizzato diversi test match con altre nazioni.”

 

Raccontaci il percorso agonistico che ti ha portato fino alla qualificazione olimpica di Tokyo. C'è stato un momento in cui hai capito che il sogno olimpico si stava davvero realizzando?

“Il 2016 è stato un anno molto difficile a livello personale e sportivo, ero nel pieno dell'adolescenza con tutti i problemi che ne conseguono e che avevano influenzato il mio percorso nel Taekwondo. Nel 2017 sono ripartito molto carico, con il Maestro Baglivo che mi segue fin da piccolo e con il Direttore Tecnico della Nazionale, il maestro Nolano, abbiamo iniziato a progettare l'obiettivo di Tokyo 2020. Quell'anno ho partecipato alle competizioni junior e senior, dato che l'età me lo permetteva e la prima vittoria è arrivata con il bronzo al Mondiale di Muju, seguita da un susseguirsi di risultati. Ho capito che mi sarei qualificato per le Olimpiadi due anni dopo, quando ho vinto l'Europeo a Bari: uno dei ricordi più belli di questi anni, vincere nella mia regione, sotto gli occhi della mia famiglia, dei miei amici e di tutte le persone che mi conoscevano, è stata un'emozione fortissima.”

 

E' passato un anno dalla qualificazione, cosa è cambiato in te? Ad oggi, cosa provi in vista delle Olimpiadi?

“Sono molto motivato, voglio riscattarmi per la sconfitta all'Europeo di Sofia e vivere quel sogno che fin da bambino mi ha spinto a sacrificare tanto della mia vita, della mia famiglia e dei miei affetti e per cui ho lavorato molto. Inoltre l'Olimpiade è la festa dello sport, sono entusiasta di potervi partecipare e per ora non ho alcun tipo di ansia. Rispetto ad un anno fa, quando ho saputo che sarei andato a Tokyo, mi sento più pronto, più consapevole e non vedo l'ora di partire.”

Cosa accadrà da qui al 23 Luglio, cosa prevede la preparazione verso le Olimpiadi?

“Sarò in raduno permanente al centro di Preparazione Olimpica Giulio Onesti, continueremo con gli allenamenti e con i test match, proprio qualche giorno fa sono arrivati degli atleti danesi, di cui uno della mia stessa categoria di peso e sono molto contento di confrontarmi con loro. Continueremo a tenere alta la tensione e ad allenarci ancora più duramente, l'Olimpiade è vicina e non resta molto tempo.”

 

A chi dedicherai le Olimpiadi?

“Ai miei genitori, hanno fatto tantissimi sacrifici per me ed è stato mio padre, amante di Bruce Lee, ad iscrivermi a Taekwondo quando avevo solo 6 anni. Poi sicuramente al maestro Baglivo, al maestro Nolano, al mio gruppo della Nazionale, alla Federazione e al gruppo sportivo dei Carabinieri, di cui faccio parte. Insomma, un eventuale vittoria la dedicherei a tutte le persone che negli anni hanno permesso che il sogno si avverasse.”

 

Hai iniziato Taekwondo da piccolo e quasi subito hai ottenuto grandi successi, cosa/chi ti ha aiutato a tenere i piedi per terra?

“Oserei dire me stesso: sono una persona molto esigente, non mi accontento mai di un risultato e non dò per scontato il successivo. Ho bisogno di continue conferme, anche se spesso questo mi porta a pretendere troppo da me stesso, a non capire quando ho bisogno di riposo, di staccare, di non pensare eccessivamente ad una competizione. Sto ancora cercando un equilibrio.”

 

Noto al mondo del Taekwondo è il bel rapporto che hai con il maestro Baglivo, tuo primo mentore. Ciò denota in te grande umiltà, consapevolezza di ciò che sei stato, delle tue origini e un sentimento di gratitudine che non è mai scontato. Lo senti prima delle competizioni importanti? Quanto conta ancora per te la sua vicinanza?

“L'ho sentito prima dell'Europeo e sono tornato in palestra pochi giorni dopo essere rientrato, ritornare ad allenarmi con lui mi ha evocato tanti bei ricordi e mi ha dato la carica per ritornare a lavorare. Il Maestro Baglivo mi ha cresciuto e mi ha dato tanto dal punto di vista personale, prima di ogni gara ripenso a quello che mi diceva sempre: “Quando combatti non conta nient'altro che dare il massimo fino all'ultimo secondo, devi provarci fino a morire”. Forse è questo che mi è mancato all'Europeo e che spero di aver ritrovato quando sono tornato a casa”

Chi eri prima del Taekwondo e chi sei ora, grazie al Taekwondo

“Ero un bambino molto timido, avevo delle difficoltà a socializzare, a parlare in pubblico e per questo ho iniziato a fare un'arte marziale. Il Taekwondo in pochissimo tempo ha avuto l'effetto sperato, ha rafforzato il mio carattere e distrutto le mie paure. Oggi mi sento molto diverso, anche se la strada per diventare l'uomo che sogno è ancora molto lunga.”

 

Gambe, cuore e testa: la triade dei grandi campioni. Ma cosa conta di più per te?

“Sono tutte e tre importanti, ma nel mio caso ha sempre contato maggiormente la testa, soprattuto quando le cose non andavano bene. Le sconfitte mi hanno insegnato tanto a livello tecnico e mentale, ho capito  delle cose che spesso non riesco a cogliere quando vinco una competizione e avere una mentalità aperta è fondamentale. Confrontarsi con atleti di tutto il mondo è un privilegio e ti aiuta a comprendere che il metodo di combattimento va sempre migliorato, che non ne esiste uno sempre giusto: nel 2019 ho incontrato un inglese dallo stile atipico per il Taekwondo moderno, perdendo mi sono reso conto che allo stile di combattimento difensivo che mi aveva portato a vincere fino a quel momento molte gare, dovevo apportare qualche modifica. Lo sport è un continuo mettersi alla prova, un percorso di alti e bassi, solo la testa può portarti lontano”

 

 

@federazioneitalianataekwondo

 

 

 

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