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Quero-Chiloiro: Per Magrì una sconfitta che sa di vittoria agli assoluti

29.01.2021 12:22

Chi lo dice che una sconfitta non possa avere il sapore di una vittoria qualche volta? Che, oltre a insegnare sempre qualcosa, a volte possa comunque avere il valore positivo di un traguardo raggiunto. E' questo il caso del pugile della Quero-Chiloiro di Taranto, Francesco Magrì, che mercoledì 27 gennaio ha perso ai quarti di finale dei campionati italiani assoluti dopo essere stato sorteggiato come seconda testa di serie nella categoria dei 69 kg, la stessa che nel 2017 lo ha visto diventare campione italiano e vincere il Guanto d'oro, per la quale ha indossato più volte la maglia azzurra e rappresentato l'Italia nei Giochi del Mediterraneo del 2018. Riconosciuto come uno dei migliori pugili in circolazione in questi anni, non è di certo per un match perso che il talentuoso pugile tarantino può far cambiare idea agli intenditori di boxe. Piuttosto, si è visto un Magrì maturo che, con la forza di un vero pugile, dopo un lungo periodo di fermo a causa di un incedente per il quale ha dovuto subire un intervento al femore e fare una lunga riabilitazione, tra gli impegni di lavoro e una famiglia da gestire, a soli ventitre anni, è riuscito a tornare nel quadrato delle sedici corde e a far riaccendere su di lui i riflettori. Forse tradito proprio dall'emozione di questo rientro, dal desiderio di non tradire le aspettative, nel match contro Brahimaj Faton dell'Accademia pugilistica Aretina, Magrì non è riuscito a esprimere la sua straordinaria boxe e soltanto alla terza ripresa è entrato nel match, senza però trovare la chiave di volta per vincere l'incontro. “L'ho visto tornare in palestra come un vulcano”, afferma il suo maestro Cataldo Quero, “riprendere ad allenarsi con un ferro nella gamba e, nonostante tutto, vincere il campionato élite regionale e arrivare agli Assoluti, è stato un miracolo che solo Magrì avrebbe potuto realizzare. Adesso possiamo ripartire con nuovi obiettivi e so che nei guantoni che indossa, non ci sono più le mani del bambino che alleno dall'età di otto anni, ma di un pugile che è diventato uomo”. 

 

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