#VAXDAY in Europa: tra l’esperienza diretta di chi non ha avuto dubbi, le lecite domande e i falsi miti
di Claudia Rivizzigno
Il #vaxday è passato da solo un giorno ed è già in cima alla trend topic generando, com’era prevedibile, un dibattito pubblico tra chi si erge a sostenitore della scienza (e speriamo continui a farlo anche dopo l’emergenza) e chi grida all’obbligatorietà, spaventato dall’allarme no vax, ora anche tra le corsie degli ospedali
Secondo un’analisi condotta da Bloomberg nei paesi in cui le campagne vaccinali sono cominciate, sono già 1,8 i milioni di persone vaccinate nel mondo contro il Covid 19; l’Italia per il V-Day ha ricevuto 9.750 dosi del vaccino Pfizer, arrivate la sera di Natale e somministrate ieri ad operatori sanitari, personale e ospiti delle Rsa e anziani sopra gli 80 anni. In Puglia più di 500 a sottoporsi al vaccino, senza esitazione, tra questi anche Sandro Rivizzigno, infermiere professionale alla Cittadella della Carità di Taranto, che ha vissuto in prima persona tra le corsie e nelle case delle famiglie tarantine il dramma della pandemia. “La somministrazione del vaccino Pfizer è uguale a tutte le altre che abbiamo fatto nella nostra vita”, ci spiega Sandro, “la differenza sta nella conservazione del farmaco che va infatti tenuto alla temperatura di -70°C e potrà essere conservato per cinque giorni una volta posto in celle con temperatura di refrigerazione. Non ho avuto nessun dubbio quando sono stato contattato alla Vigilia di Natale per essere uno tra i primi in Italia a sottopormi al vaccino”, ci tiene a precisare l’infermiere tarantino. “Il vero obiettivo non è la libertà dalle costrizioni che l’emergenza Covid ci ha imposto, ma la possibilità concreta di ridurre al minimo il numero di contagi.”
Tutti i vaccini, di qualsiasi tipologia, perseguono lo scopo di addestrare il sistema immunitario a riconoscere una parte di un virus e tradizionalmente, contengono virus indeboliti o proteine distintive del virus che vengono purificate. Diversamente, nel caso del vaccino a mRNA, quale è quello Pfizer, al ricevente viene somministrato materiale genetico - mRNA - che è in grado di codificare la proteina virale stessa. Quando queste istruzioni genetiche vengono iniettate nel deltoide, queste entrano nelle cellule muscolari, riproducendo ciò che il virus SARS-CoV-2 fa in natura; ciò fornisce al sistema immunitario una sorta di anteprima di come appare il vero virus, senza però poter essere in grado di causare direttamente la malattia. Inoltre, in questo modo viene garantito al sistema immunitario il tempo di progettare potenti anticorpi in grado di neutralizzare il vero virus qualora l'individuo dovesse essere infettato “Oggi sento un consueto dolore post iniezione al braccio”, ci racconta Sandro il giorno dopo alla somministrazione, “un po' di stanchezza, ma nulla di più. Penso ne valga assolutamente la pena e sono pronto al richiamo che avverrà tra 21 giorni”. Nulla che possa distogliere il ciclista amatoriale della Taranto Sportiva dai suoi allenamenti: lo vedremo per le strade in sella alla sua bici già domani. Ad animare il dibattito pubblico però, in Italia e all’Estero, non solo chi confida nella scienza come Sandro, c’è anche chi solleva dei dubbi, chi si pone lecite domande e chi diffonde falsi miti. Ad oggi le incognite riguardano l’intrinseca instabilità dell’RNA, l’efficacia del vaccino fissata al 95% dagli esperti, la durata dell’immunizzazione e i rischi a lungo termine, propri anche di altre somministrazioni. A partire dal 2005 i ricercatori hanno scoperto come stabilizzare l'mRNA e come inserirlo in piccole particelle al fine di poterlo somministrare come vaccino. I vaccini mRNA contro il Covid-19 saranno i primi a utilizzare questa tecnologia e ad essere approvati dalla Food and Drug Administration. A tutti gli altri interrogativi ci darà risposta il tempo. E i falsi miti? L’Istituto Superiore della Sanità ne ha già sfatati alcuni: nessuna fretta per la preparazione dei vaccini, questi vengono approvati dalle Autorità competenti che ne valutano i requisiti di qualità e sicurezza; mancano anche conferme sull’evidenza che la mutazione del virus rilevata nel Regno Unita possa avere effetti sull’efficacia della vaccinazione: anche ci fosse stata una mutazione in alcuni frammenti della proteina Spike, è improbabile che possa essere sufficiente a rendere il vaccino inefficace. Dalle prime somministrazioni, pare che il riscontro di operatori sanitari e pazienti sia positivo, come ci conferma anche l’infermiere della Cittadella: “I degenti a cui è stata offerta la possibilità di vaccinarsi erano entusiasti: alcuni non vedono i propri cari da Febbraio, hanno vissuto il Covid come una situazione di abbandono e il vaccino per loro è la speranza di poter riabbracciare un figlio, una moglie o un parente.” Questo ci accomuna: la speranza di poter tornare a quella normalità che ora sappiamo apprezzare. Quello che invece spero resti? La fiducia, il sostegno e la consapevolezza che la scienza è una cosa importante su cui serve investire e che la curiosità, la preparazione e, perché no, anche quella sana polemica che ha contraddistinto l’opinione pubblica, pervadano su altre questioni di vita anche quando la vicenda Covid 19 sarà solo un brutto ricordo.
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